Il dio drago - Capitolo III

La squadra affronta prove, un flusso di emozioni. Kaja svela un potere alieno, trasformando i legami in un'esperienza universale.

RACCONTI

Semiramide

6/24/202529 min read

Appena scesi dal tetto, iniziarono a mettere a posto la camera, e cercare di disordinare i letti così da far sembrare che fossero stati li tutto il tempo. Alla fine aprirono la porta e davanti a loro trovarono la guardia del dormitorio, Ahamej che aveva una faccia molto arrabbiata, perché l’avevano svegliato dal suo pisolino, prima del turno di guardia.

Ahamej: Avete visto anche voi quel fulmine?

Kaja: Quale fulmine?

Ahamej: Il fulmine che è appena caduto sul tetto della vostra stanza

Kaja: No non abbiamo visto nulla

Saje: Noi stavamo dormendo, non abbiamo visto nulla

Ahamej: E allora come mi spiegate la finestra che da sul tetto aperta?

Kaja: Ah beh faceva un po’ calda e quindi l’abbiamo aperta

Ahamej: Avevate caldo?

Saje: Sa noi veniamo dal nord, siamo abituati a temperature più basse quindi abbiamo caldo facilmente

Ahamej: Voi mi state nascondendo qualcosa, però dato che ho troppo sonno e dopo devo fare il turno di guardia, per questa volta, lascerò stare

Kaja: Grazie, e buonanotte

Saje: Buonanotte

Ahamej: Si…buonanotte…

Appena la guardia se ne andò chiusero la porta a chiave e si misero a letto, anche se non riuscirono molto a dormire perché quell’evento li aveva spaventati molto. Non avevano mai visto una cosa del genere.

La tanta famigerata mattina arrivò molto presto per tutti i giovani del campo. Visto che la colazione, solo per quella volta, sarebbe stata servita nella mensa, i nostri due protagonisti dormirono un’oretta in più. La prima a svegliarsi fu Saje, perché dormiva vicino alla finestra e fu svegliata dalla forte luce del sole, allora svegliò anche Kaja. Non si dissero nulla se non buongiorno appena si svegliarono, ma poi nessuna parola. In realtà loro volevano dirsi qualcosa ma erano troppo in ansia perché quel giorno avrebbero saputo i corsi che avrebbero frequentato, le squadre a cui sarebbero stati assegnati. Ma la cosa più importante di quel giorno era che avrebbero dovuto combattere per conquistare il diritto di rimanere nel campo, quindi tutti gli studenti non si parlavano perché non volevano avere simpatie con nessuno, perché quel giorno avrebbero potuto combattere contro di loro. La cosa che sorprendeva era che il combattimento si svolgeva in squadre, quindi quel giorno avrebbero saputo anche chi sarebbero stati i loro compagni. Di solito si tentava di mettere i ragazzi provenienti da villaggi vicini, o dagli stessi villaggi assieme. Una cosa a parte erano i ragazzi provenienti dal regno di Alahbin, che essendo un regno vasto,il più vasto di tutti, anche se si veniva dallo stesso regno si potevano avere tradizioni e costumi completamente diversi. Infatti Kaja, che arrivava dall’estremo nord del regno, aveva una tradizione e una religione completamente diversa da quella di Saje, che invece abitava nel centro-sud del regno.

In base alla squadra a cui si era stati assegnati si potevano capire molte cosa per esempio il livello di forza e abilità nel combattimento, dati che erano stati presi dai combattimenti di selezione. La squadra più forte era quella reale, poiché i suoi membri venivano addestrati direttamente dai maestri delle arti combattive.

I nostri due giovani dopo essersi preparati uscirono e andarono verso la mensa. Anche durante il tragitto non dissero una parola. Kaja fece tutto il viaggio in silenzio con gli occhi che fissavano il vuoto, mente Saje camminò un passo dietro Kaja, guardando i sassi per terra cercando di distogliere la mente dall’ansia. Arrivati nella mensa, mangiarono, ancora in silenzio, e gli unici a parlare erano i membri della famiglia imperiale che passavano vicino al dormitorio, poiché loro quel giorno non avrebbero dovuto combattere per rimanere, visto che il diritto di rimanere per loro era scontato. Dopo una colazione mangiata con sforzo si avviarono verso l’arena. Ci vollero 2 ore per raggiungere l’arena che era situata al centro del campo. Tutti i giovani del campo erano nell’arena, e aspettavano in fila il loro turno, per registrarsi e andare a prepararsi. I nostri due giovani dovettero aspettare 3 ore in fila, prima che li chiamassero, e quando furono davanti si presentarono e il tenente disse che loro si sarebbero dovuti battere nel turno serale. Questo non sorprese molto i due giovani perché si sapeva che i membri più poveri del campo, di solito combattevano di sera, così da riuscire a farli preparare e anche per fargli vedere gli altri membri dato che loro erano i più svantaggiati. Allora, il tenente li mise nella squadra del fuoco. Quindi i due giovani si avviarono verso il loro accampamento per conoscere i loro compagni di squadra che sarebbero stati gli stessi per tutti i 6 anni di addestramento.

Sempre a testa bassa si avviarono verso il loro accampamento, ci vollero altre 2 ore, e dopo una camminata lunga e faticosa arrivarono. Il loro accampamento si trovava in cima alla montagna sud del campo, praticamente il punto più lontano dall’arena principale.

Quando arrivarono non videro nessuno fuori, quindi pensarono che fossero stati i primi ad arrivare.

L’accampamento era diviso nella tenda centrale che era utilizzata per l’allenamento, poi sulla sinistra c’erano le tende con i letti, ed infine c’era la tenda più grande, ovvero la mensa in cui era presente anche una cucina. I nostri due ragazzi allora decisero che avrebbero aspettato gli altri ragazzi nella tenda d’allenamento, così nel mentre si sarebbero allenati.

Appena entrarono videro che anche gli altri componenti della squadra si stavano allenando

Maku: Finalmente altri compagni

Leru: Speriamo siano forti

Ika: Che maleducati che siete, non vi presentate nemmeno? Comunque scusate per la maleducazione di quei ragazzi, io sono Ika(sabbia), vengo dal regno di Asdrih’iik(senza fine), come del resto tutti noi, e mio padre è Ujeheriik(legno forte) il marinaio

Kaja: Piacere di conoscerti io sono Kajaharuuteherik, ma mi potete chiamare Kaja, vengo dal regno di Alahbin, dalla famiglia di Aseheru, nell’incudine e nel martello

Ogni regno aveva un modo diverso di presentarsi, infatti come avrete notato, nel regno del grande mare, ovvero nel regno di Ika, le famiglie non avevano uno stemma, e per presentarsi si diceva il nome del padre più la professione e questo portava a incomprensioni perché a volte non si riusciva a capire il ceto di appartenenza della famiglia.

Ika: Che nome complicato, comunque piacere di conoscerti. Chi è la ragazza con te?

Saje: Io sono Sahariikah, ma potete chiamarmi Siika se volete e vengo dal regno di Alahbin, della famiglia di Mehertuu, con il ferro e la magia

Ika: Beh dai questo nome è più facile, piacere di conoscerti

Da questo momento in poi chiameremo Sahariikah, Saje e Siikah, a seconda del personaggio a cui si rivolge.

Maku: Io sono Maku(cavallo veloce), vengo dal regno di Asdrih’iik, e mio padre è Tuukeherii(nave possente). Mentre lui è mio fratello Leheruu(forza), ma potete chiamarlo Leru

Leru: Ciao, piacere di conoscervi

Kaja: E’ un piacere anche per noi

Ika: E in che arte di combattimento siete specializzati?

Kaja: Combattimento a mani nude

Ika: Ah strano non vedo la tua fascia da combattimento, di solito chi combatte senza armi ne indossa una. Invece te Siikah?

Saje: io invece nelle magie da combattimento e alchimia

Ika: Ah strano non l’avrei mai detto

Saje: Si lo so è strano che una donna scelga le magie da combattimento, nel nostro regno sono pochissime le donne che hanno scelto una tecnica del genere

Kaja: Tu invece?

Ika: Io invece magie da rituale e alchimia

Le magie da rituale erano le magie che servivano per evocare mostri da altri mondi o per curare i propri compagni o anche se stessi. A quel tempo erano molto comuni tra le donne, poiché le antiche tradizioni imponevano che una donna non potesse combattere, e quindi l’unico modo per ovviare a questa regola era evocare dei mostri che combattessero al proprio posto. Anche se era una magia molto rischiosa dato che prima di raggiungere il livello necessario per poter avocare anche il mostro più debole passavano anni.

Saje: E voi?

Maku: Io sono specializzato nel combattimento con la spada e anche con altre armi, come del resto mio fratello

Leru: Anche se io prediligo l’arco, ma sono bravo anche nella spada

Kaja: Anche un mio amico, nel mio villaggio, era specializzato nel combattimento con l’arco.

Leru: Strano di solito nel nord sono tutti spadaccini o combattenti a mani nude

Kaja: Si lo so, credo perché fin dai tempi antichi si è sempre combattuto con la spada e a mani nude, quindi l’arco veniva considerata un’arte da codardi, ma ormai non è più così

Leru: Capisco

Maku: Va beh sarà meglio allenarsi, dato che questa sera dovremo combattere e, scusate la franchezza, non so se tutti noi saremo ancora presenti domani

Saje: Anche se mi dispiace ammetterlo ha ragione, meglio allenarsi

Kaja: D’accordo

L’allenamento durò quasi tutto il giorno, ma cercarono di risparmiare le forze per il combattimento di quella sera. La novità di quell’anno era che i componenti della stessa squadra non potevano affrontarsi per il diritto di rimanere nel campo. Infatti bastava che uno dei membri della squadra arrivasse alla fine della sfida per far sì che tutta la squadra rimanesse nel campo. Questo sfavoriva le squadre composte da poche persone come la squadra del fuoco, e avvantaggiava le squadre numerose come quelle della famiglia reale. I combattimenti erano molto cruenti quindi alcuni ragazzi potevano rimanere feriti gravemente e a volte morire quindi molte squadre perdevano vari membri dopo la selezione.

La sera arrivò molto velocemente per i nostri giovani, e appena videro il sole tramontare sentirono un brivido lungo la schiena, come se sapessero che il loro momento era vicino. Il primo a prepararsi fu Kaja, poi prese per mano Saje e uscirono dalla tenda d’addestramento. Si misero nello spiazzo che c’era nel mezzo dell’accampamento. Rimasero li, fermi, ad aspettare gli altri e ad ammirare il panorama. Dal loro accampamento di poteva vedere quasi tutto il campo. Videro il sole che scendeva dietro l’arena principale, e sembrava rappresentare il fatto che ormai non c’era modo per tirarsi indietro e il momento era giunto. Si vedeva anche il piccolo bosco nel mezzo del campo, vicino all’arena. Il tramonto era bellissimo, potevano sentire che mano a mano che si abbassava loro diventassero sempre più uomini, poiché quella sera avrebbero saputo se fossero rimasti nel campo o no. Arrivati anche gli altri, stettero un momento fermi senza dirsi niente, ad ammirare. Dopo pochi minuti Ika disse

Ika: Ci aspetta una lunga camminata, meglio sbrigarsi

Maku: Ma alla fine i hanno dato il primo turno serale o il secondo?

Leru: Credo il secondo, almeno possiamo riprenderci dalla camminata

Maku: Almeno questo ce l’hanno concesso

Saje: Beh è sempre stato così: i poveri del campo sono sempre stati svantaggiati

Kaja: Non pensiamoci, ormai l’unica cosa che conta è superare il test

Ika: Si giusto

Allora i ragazzi stettero zitti per tutto il viaggio, che durò 2 ore, perché erano tutti molto concentrati, ma soprattutto era perché tutti dentro di loro erano terrorizzati dall’evento che stava per iniziare, ma nessuno voleva farlo vedere. Arrivati davanti all’arena, videro molti altri ragazzi che aspettavano, come loro, il loro turno per entrare. Arrivarono davanti alla guardia, Leru, pescò il biglietto con scritto il nome della squadra contro cui si sarebbero dovuti scontrare. Pescato il biglietto, lo diede alla guardia, e questa disse – La squadra del fuoco affronterà la squadra della terra! – e finito di parlare fece una piccola risata. La squadra della terra era la più numerosa del campo, e anche la più allenata, infatti era la favorita per quell’anno.

Allora Kaja cercò di incoraggiare i suoi compagni

Kaja: Ragazzi non scoraggiatevi possiamo farcela!

Maku: Hai visto quanti sono! Sono troppi

Leru: Sono più di 50! Come diavolo pensi di battere 50 nemici?

Saje: Mi dispiace dirlo ma questa volta non possiamo fare nulla, loro sono una squadra numerosa, mentre noi siamo solo in 5

Leru: Si dice che siano riusciti a pagare un maestro per l’allenamento privato.

Ika: Quindi come pensi di batterli?

Kaja: Allora ragazzi lo so anche io che sarà dura…

Ika: Dura? È impossibile! Non puoi pensare di battere così tanti nemici, così ben allenati

Kaja: Ma si sono allenati solo per mezza giornata con i maestri

Ika: Si ma bastano anche 3 ore con un maestro per superare il nostro livello

Kaja: Sono così forti?

Leru: Certo che lo sono

Maku: Non esiste che noi vinciamo oggi

Kaja: allora ragazzi io sono da sempre svantaggiato. Da quando sono nato vivo in un territorio in cui è pressoché impossibile vivere, ma tuttavia sono qui a parlare con voi. So che oggi sarà dura, e sono sicuro che questa che sta parlando è l’ansia, perché io dopo essere arrivato fino a qui non mollerei mai, o almeno ci proverei. Voi sapete benissimo il vostro potenziale ma forse c’è una cosa che ne voi ne gli avversari conoscono: per noi non c’è un domani. Per quelli come noi un domani non c’è, se noi oggi perdiamo ce ne dovremo andare, ma se non combattiamo ce ne dovremo andare comunque, quindi tanto vale provarci. Quando entreremo nell’arena date tutti voi stessi, non interessa a nessuno il numero di nemici che sconfiggerete, l’unica cosa che conta è passare. Io per primo dico di aver paura, anzi per dir la verità sono terrorizzato, e lo ammetto, ma una volta dato per assodato questo bisogna usare questa paura a proprio vantaggio: usate a paura nei confronti dei vostri avveri come stimolo per schivare i colpi, muovervi più velocemente, colpire più forte.

Ricordatevi chi siete e da dove venite, fatelo per voi, per le vostre famiglie, per la patria. Oggi noi anche se toneremo a casa, noi torneremo da vincitori, perché anche dopo aver appreso al potenza del nemico non ci siamo tirati indietro. Oggi noi combatteremo per vincere, e piuttosto che tornare a casa moire sul campo di battaglia.

E poi un’altra cosa, non vi piacerebbe vedere il volto dei maestri e dei membri della famiglia reale, domani se riusciremo a passare, il loro sgomento? Poter andare in giro fieri di aver fatto quello che si è fatto? E poi non pensate a che faccia farebbero gli avversari se vincessimo?

E se durante un combattimento capite che ormai per voi non c’è nulla oltre la sconfitta, beh fate in modo che il nemico se la debba sudare, non dovete mollare, almeno non dategli la soddisfazione di aver vinto facilmente.

Ika: Beh in effetti hai ragione

Maku: Beh allora cosa stiamo aspettando? Andiamo a cambiarci

Saje: Giusto!

Infine i ragazzi andarono nel loro spogliatoio, in cui non c’era nemmeno la divisione tra uomini e donne. Dopo essersi cambiati, si presentarono fieri davanti ai generali che erano situati negli spalti alti dell’arena, e infine scelsero l’ordine di combattimento. Ogni partecipante combatteva fino a quando non cedeva o moriva; doveva riuscire a sconfiggere più avversari possibili, perché appena sconfitto uno ne entrava un altro.

Decisero di mandare per primo Maku, che era il più esperto; il secondo sarebbe stato Leru, che era il più astuto; poi ci sarebbe stato il turno di Ika, che era molto brava; poi sarebbe venuto il turno di Saje, che occupava questa posizione perché avrebbe dovuto curare gli altri se fossero stati sconfitti prima di entrare in campo. Infine c’era Kaja, poiché era il più forte fisicamente. Quando suonarono le trombe, entrò Maku. Entrato nell’arena vide il suo avversario e stette fermo, poi di colpo, iniziò ad attaccare senza fermarsi un momento e dopo pochi colpi l’avversario cadde stremato. Andò avanti così per una buona mezz’ora. Alla fine stramazzò al suolo per la stanchezza e per i colpi subiti dagli avversari, anche se pochi. Allora entrò Leru, e scoprì che suo fratello aveva sconfitto 5 avversari. Non si sa il perché ma, entrato Leru l’avversario si arrese e fece entrare un altro suo compagno. Stranamente chiamarono il secondo più forte della squadra avversaria. Leru cercò di fare tutto il possibile, per rimanere in piedi ma dopo 30 minuti di combattimento cadde a terra svenuto, sotto l’ennesimo colpo fulminante del nemico.

Allora entrò Ika, che spaventata alla vista dell’amico, non sapeva quale avversario fosse tanto forte da ridurre in un ammasso di ossa Leru. Appena entrata scoprì quale avversario la attendeva ed ebbe paura, molta forse troppa. Infatti anche io se fossi stato in lei avrei avuto paura, ma lei non si arrese e cercò in tutti i modi di sconfiggerlo. Mentre Ika combatteva, negli spogliatoi era arrivato Leru, pieno di ferite e lividi, allora Saje, che era una curatrice eccellente, usò tutta la energia per cercare di rimettere in sesto il suo amico. Dopo svariati minuti di tentativi, Saje scoppiò in un pianto disperato, poiché sapeva che il suo amico sarebbe morto se non avesse ricevuto delle cure magiche adeguate, che sapeva solo Ika, ma che in quel momento stava combattendo. Allora Kaja disse

Kaja: Non ti preoccupare si salverà

Saje: Come puoi dire una cosa del genere? Non hai visto come è ridotto?

Kaja: Certo che ho visto, però io credo che si salverà

Saje non disse nulla e continuava a piangere. Allora arrivò Maku, che nel mentre si era ripreso, e prese Saje con se e la portò lontano da Leru, e nel mentre Saje era girata Maku disse una cosa a Kaja

Maku: Ti prego salvalo, è tutta la mia famiglia, lui si è sempre preso cura di me, salvalo

Kaja: Te lo prometto, si salverà

Maku: Grazie

E si voltò e portò Saje lontano con gli occhi lucidi. Appena furono andati via, Leru aprì gli occhi

Leru: Ti prego Kaja non farmi morire, ho paura, sono ancora troppo giovane ho ancora tutta la vita davanti per combattere ancora e migliorare, ti prego salvami

Kaja: Calmati, tu non morirai, io non lo permetterò, è una promessa che ho fatto

Leru: A mio fratello vero?

Kaja: Si

Leru: Lo sapevo. Lui fa tanto il duro ma è sempre stato il più emotivo dei due. Fin da piccoli è stato lui a prendersi cura di me, perché io non sono mai stato una che amava le battaglie, ma lui mi ha fin da sempre difeso. Io voglio vivere per proteggerlo, voglio vivere con lui, ti prego non voglio morire, ho paura

Kaja: Calmati, stai tranquillo, qui nessuno morirà. Te l’ho detto prima ho fatto una promessa e io mantengo sempre le promesse

Leru: Fai tutto il possibile, ti prego

Kaja: Non sono sicuro che funzioni, ma non lo sapremo mai finchè non ci proviamo. Farà male, preparati

Leru: Sono pronto, procedi

Allora Kaja cominciò a prepararsi a lanciare una magia che aveva visto fare da sua mamma alle persone che venivano ferite dai barbari, era molto potente, e forse Kaja non aveva il potere per farla ma non aveva altra scelta. Dopo aver pronunciato qualche formula nell’antica lingua della sua terra, mise le mani sopra il corpo di Leru e lui cominciò a provare un forte dolore, ovunque. Alla fine quando lanciò la magia si sentì un grande grido, che paradossalmente non era stato fatto da Leru, che intanto era svenuto per il dolore, ma da Kaja, che stava provando un dolore immenso per lanciare quella magia. Dopo averla lanciata Kaja cadde a terra, e subito accorsero Maku e Saje. Allora appena giunsero di fianco al lettino di Leru videro che tutte ke sue ferite erano sparite, e videro Kaja a terra privo di energie.

Appena Saje vide Kaja lo soccorse subito e lui riprese conoscenza

Saje: Ma cosa hai fatto pazzo? Sai che magia hai appena fatto?

Kaja: L’ho vista fare da mia mamma una volta

Saje: Pazzo! Quella magia non sarei stata in grado di eseguirla nemmeno io, è già una fortuna che tu sia vivo.

Kaja: Beh Maku te l’avevo promesso

Maku: Grazie

Quando erano ancora concentrati su Kaja entrò Ika, dicendo di essere riuscita a sconfiggere un po di nemici, ma che ne mancavano ancora molti, allora visto che stavano tutti molto male, Saje decise che sarebbe stata lei la prossima ad entrare nell’arena.

Quando entrò ormai nessuno pensava che la sua squadra avrebbe potuto avere qualche speranza, ma Saje era fiduciosa, o almeno così credeva. Infatti, appena entrata nel punto dell’arena destinato al combattimento, vide il suo avversario: era un uomo enorme, con delle braccia che sembravano sequoie, gambe che assomigliavano a delle querce, ma la cosa più terrificante era il suo viso. Il volto di quell’uomo era agghiacciante, i suoi occhi erano rossi come il sangue, colmi di una furia omicida che pietrificò Saje.

Quando lo ebbe davanti per il saluto, non ebbe molta paura ma appena la campanella suonò, la paura pervase il suo corpo e si sostituì alla speranza di poter vincere. Lei sapeva che non avrebbe potuto fare molto contro un avversario del genere: non aveva le abilità per sconfiggerlo e benché meno la forza per tenergli testa.

Tuttavia Siikah cercò di restare calma, di non far notare la sua ansia, provò a vedere i punti deboli del suo avversario, pensò che forse data la sua grandezza sarebbe stato lento, quindi lei avrebbe potuto batterlo in velocità, ma poi pensò che questo combattimento non si sarebbe concluso se lei fosse continuata a scappare evitando i suoi colpi. Allora pensò di colpirlo nei punti che secondo lei potevano essere molto deboli, ma vedendo quell’uomo, o per meglio dire quel mostro, sembrava indistruttibile, sembrava che avesse addosso un’armatura invisibile fatta di muscoli e istinto omicida.

Saje fece un bel respiro e cominciò ad attaccare, ma tutti i suoi attacchi furono del tutto inutili, anzi peggiorarono la situazione.

Appena smise di attaccare, il suo avversario fece un sogghigno malefico, e fece un passo, e appena appoggiò il piede si trovò di fianco a Saje, che era a cinquanta metri di distanza. In quel momento, Tutta la vita di Saje le passò davanti agli occhi, perché sapeva che la sua avventura sarebbe finita lì e quasi sicuramente sarebbe morta, visto che negli occhi di quel mostro si vedeva chiaramente la voglia di uccidere. Però, quando lui caricò il pugno, era lento, molto lento e Siikah avrebbe potuto sicuramente evitarlo, ma ormai era paralizzata dalla paura.

Quell’uomo la colpì talmente forte che le aveva pressoché rotto quasi tutte le ossa del corpo. Saje svenne e riprese conoscenza solo dopo molto tempo nello spogliatoio della squadra.

Appena Saje entrò ridotta in quel modo, Kaja rimase senza parole. Non disse nulla, si alzò e andò davanti alla porta dell’arena. Dal corpo di Kaja fuoriusciva un’aura cupa e triste. Credo che in quel momento nulla avrebbe potuto fermarlo dall’ottenere la sua vendetta per aver visto la sua amica ridotta i quel modo.

Quando arrivò nella parte di arena destinata al combattimento, vide l’uomo che aveva ridotto ad uno straccio la sua tanto cara amica, quindi gli si riempirono gli occhi di ira, rabbia e odio. Prima di iniziare l’incontro si salutarono e quando furono in posizione, tutti e due si guardarono, e tutti e due videro la stessa furia omicida negli occhi dell’avversario.

Quando iniziò la sfida, l’avversario fece la stessa mossa che aveva fatto a Saje ma questa volta fu molto più veloce potente. Tuttavia Kaja, dopo il colpo devastante, si rialzò e attorno a se si era creata un’aura oscura, e si poteva avvertire il suo odio e la sua rabbia.

Ormai i suoi occhi erano completamente neri, e non erano più umani. Combatterono per ore e ore, e nessuno dei due aveva l’aria di cedere o di perdere. Dopo quasi due ore di combattimento ormai tutti e due erano stremati. Ormai tutti e due sapevano di essere arrivati al limite.

Ma quando tutto ormai sembrava destinato a durare per sempre, Kaja venne spazzato via da un pugno potentissimo, e rimase lì per terra, quasi morto. Quando ormai tutti pensavano che ormai Kaja fosse spacciato, e ormai davano per vincitore l’avversario, Kaja si rialzò e la sua aura di odio e rabbia era aumentata a dismisura. Ormai era uno scontro tra due mostri.

Lottarono ancora molto e alla fine Kaja vinse, grazie a un pugno di una potenza divina. Dopo aver vinto, pressoché nessuno degli avversari rimanenti volle sfidarlo, ma furono costretti dal loro capo. Alla fine Kaja riuscì a sconfiggerli tutti, stranamente non ci volle nemmeno tanto: sconfiggeva gli avversari come un elefante contro degli steli d’erba. Quella che stavamo vedendo non era uno scontro da due duellanti, ma un massacro, e ogni sfidante di Kaja sapeva che stava andando al patibolo, e che non avrebbe avuto scelta. Ma come ultimo avversario ebbe il capo della squadra che era considerato il più forte. Entrato nell’areno vide Kaja, fermo immobile al centro, con le mani piene di sangue degli avversari, e gli occhi colmi di rabbia.

Si salutarono e poi dopo la campanella l’avversario di Kaja rimase immobile, forse per la paura o forse perché stava tentando di studiare l’avversario.

In quel momento anche Maku, Ika e Leru, che finalmente si era ripreso, si sedettero sugli spalti per vedere come stava andando il loro amico. Quando videro che quell’avversario era l’ultimo, e che Kaja aveva sconfitto più di 40 avversari erano attoniti e non riuscivano a credere a quello che avevano visto. Il combattimento era iniziato ma nessuno dei due si muoveva. In quel momento anche i maestri vennero a vedere quel ragazzo che da solo aveva sconfitto più di 40 nemici. Appena arrivarono, l’avversario di Kaja, scattò verso di lui e concentrò tutta la potenza nel pugno che stava lanciando. Kaja nemmeno di mosse, rimase li fermo, non provò neanche a fermarlo. Si alzò un grande polverone da terra, e appena scomparì videro che Kaja era ancora in piedi e che quel pugno non gli aveva fatto nemmeno un graffio. Allora Kaja si voltò verso il nemico e lo guardo fisso negli occhi, e in quel momento l’avversario provò una grande paura perché quelli erano gli occhi di un demone. Kaja disse una formula nella sua lingua che praticamente nessuno sapeva, tranne uno dei maestri, che sbiancò non appena la sentì. Nessuno seppe come mai quella frase avesse così tanto spaventato il maestro che appena la sentì se ne andò dicendo solo:” Quel ragazzo non è più umano, ormai ha superato quello stadio, se sopravvive voglio conoscerlo”

In effetti era vero, non sembrava umano, dopo aver pronunciato quella frase attaccò. Gli bastò un pugno, uno soltanto, per far crollare a terra l’avversario. Non ci fu nulla da fare, il ragazzo morì poche ore dopo. I guaritori dissero che quel colpo era carico di aura oscura e che era penetrata fino nella sua anima e l’aveva sgretolata. In realtà l’avversario era morto non appena aveva messo piede in quell’arena, ecco perché aveva esitato ad attaccare.

Nessuno poteva credere che la squadra di Kaja fosse riuscita a vincere e quindi ad aggiudicarsi i diritto di rimanere al campo.

Allora Kaja guardò Maku negli occhi per un secondo e poi svenne. I suoi occhi erano carichi di un’aura oscura che nessuno aveva mai visto, e Maku rimase incredulo: non pensava che una persona normale potesse avere quel potere e quell’aura. Mentre fissava gli occhi di Kaja, si sentì pervadere da un a forza oscura che nasceva nel suo petto. In quel momento provava sentimenti contrastanti: era terrorizzato da quello sguardo, ma era anche attratto poiché più lo guardava più sentiva che dentro di lui nasceva un potere enorme, che lo rassicurava. Lui era l’unico che non era del tutto spaventato da questo potere.

Kaja si svegliò dopo due giorni, mentre Saje rimase a letto per una settimana, mentre gli altri bene o male riuscirono a riprendersi quasi subito. Quando Kaja si svegliò, vide che di fianco a lui, nel letto accanto c’era Saje. Era piena di fasciature, le aveva su pressoché tutto il corpo. Alcune erano delle normali fasciature mentre altre erano rosse, altre verdi, alcune marroni, allora Kaja capì che quelli dovevano essere pezzi di vestiti. Quindi si alzò e andò nella sala grande dell’accampamento e quando entrò tutti gli altri erano già dentro, che parlavano a bassa voce. Quando lo videro entrare, fu come se avessero visto un fantasma: avevano gli occhi pieni di paura, timore e angoscia poiché non sapevano come trattare Kaja dopo quello che era successo.

Kaja: Ragazzi per quanto sono stato a letto?

Ika: Per più o meno due giorni

Kaja: Ah…Saje invece si riprenderà?

Ika: Non lo so…

Kaja: Come non lo sai?

Maku: Ha subito gravissime ferite, aveva pressoché ogni singolo osso del suo corpo rotto, deve riposare

Leru: Non morirà, ma potrebbe riprendersi tra poche ore, come tra un mese o anche tra un anno

Kaja: Beh l’importante è che un giorno si riprenda, sperando che sia il più vicino possibile

Ika: Però vorrei farti una domanda

Kaja: Si dimmi pure

Ika: Cos’era quel potere che hai usato durante il combattimento

Kaja: Non lo so nemmeno io. Quando ho visto Saje entrare nel nostro spogliatoio ridotta in quel modo, mi sono sentito pervadere dalla rabbia e da un potere che proveniva dal profondo della mia anima, e mano a mano che sconfiggevo gli avversari cresceva dentro di me. Non avevo mai provato qualcosa di simile: mi sentivo invincibile. Quando ho affrontato l’ultimo avversario avevo raggiunto l’apice: ormai quel potere si era impossessato di tutto il mio corpo e della mia mente, quindi non mi ricordo più nulla dopo che lui ha sferrato il primo attacco. Mi ricordo che io ero in un luogo molto oscuro, ma non ero nervoso, triste o arrabbiato, ero in pace, era come se finalmente fossi tornato a casa dopo un lungo viaggio. Era strano perché quell’aura oscura in cui ero immerso era carica di malvagità.

Ika: Questo mi spaventa un po’ però…Come facevi a sentirti a tuo agio in un posto del genere? Se tu dici che l’aura oscura era carica di malvagità, come facevi a sentirti in pace?

Kaja: Non lo so davvero, però ti posso dire che quel potere ha cambiato qualcosa dentro di me

Ika: In che senso?

Kaja: Nel senso che adesso sento che qualcosa è cambiato dentro di me, sento come se la mia anima prima di quell’evento fosse un mare in tempesta, e adesso che ho visto e usato l’oscurità si fosse calmata. Adesso sento che la mia anima si sta calmando

Ika: Questa è una buona cosa, ma non mi piace che tu riesca a calmarti e a stare bene nell’oscurità e nella malvagità

Kaja: Beh riesco a controllarla, quindi non ci dovrebbero essere problemi

Ika: Meglio così

Maku: Ma se posso saperlo, se eri completamente pervaso da quel potere poi come hai fatto a girarti e a guardarmi senza fare nulla? Cioè sembrava che tu fossi diventato un mostro assetato di sangue che pensava solo ad uccidere, ma quando mi hai guardato non hai fatto nemmeno un passo verso di me, e i tuoi occhi non emanava un istinto omicida

Kaja: In quel momento ho sentito che c’era un’anima simile alla mia. Sentivo che qualcosa stava attirando la mia anima

Maku: Ah…

Leru: Beh cerca di non rifarlo, perché ci hai fatto spaventare tutti

Kaja: Scusatemi ragazzi non volevo. Vi prometto che cercherò di non usarlo mai più…

Ika: Grazie

Maku: Comunque adesso sarà meglio allenarsi, per prepararci alle lezioni che ci saranno settimana prossima

Kaja: Ma non dovevano cominciare oggi?

Ika: No il supervisore ci ha detto che i maestri ci avevano permesso di riposare per tutta la settimana, come premio per la nostra impresa; che più che nostra è stata la tua

Kaja: No non è stata una mia impresa! E’ stata una nostra impresa

Ika: Ma cosa stai dicendo? L’unico che ha sconfitto più di un nemico è stato Maku per il resto nessno di noi ne ha sconfitto più di uno

Kaja: Ma questo non c’entra nulla. L’importante non è sconfiggere più nemici possibili ma era superare i nostri limiti e alla fine tutto lo abbiamo fatto, anche Saje

Ika: Si ma nessuno di noi è stato in grado di dare un apporto significativo alla squadra

Kaja: Ma non devi dire così! Il vostro impegno è il miglior apporto che possiate dare alla squadra. Non interessa a nessuno quanti nemici sconfiggiate ma come lo fate

Leru: Si ma anche se ci siamo impegnati, non siamo riusciti a sconfiggere più di un nemico, questa non può definirsi una vittoria

Kaja: Allora cosa dovrebbe dire Saje, che non ne ha sconfitto nemmeno uno?

Ika: Beh non lo so

Kaja: Ragazzi io non mi vanterò mai di aver sconfitto 40 nemici, e magari me lo dimenticherò tra qualche mese. La cosa importante è impegnarsi fino alla fine, non mollare mai, superare i propri limiti per proteggere quello che per noi è importante. A nessuno interessa nulla di quanti nemici sconfiggerai, ma interessa il modo in cui tu lo farai: anche se tu perdi contro un nemico molto più forte di te, ma nonostante ciò lotti fino alla fine e superi anche il tuo limite, fidati che il vero vincitore sarai tu e non lui

Maku: Devo dare ragione a lui. Molto probabilmente tra neanche un mese quasi tutti si saranno dimenticati di quanti nemici Kaja ha sconfitto, ma credo che quasi nessuno si dimenticherà il modo in cui l’ha fatto

Kaja: Quindi ora andiamo ad allenarci, e no pensiamoci più

Ika: Va bene

Leru: D’accordo. Speriamo solo che Siikah si riprenda in tempo per l’inizio delle lezioni

Maku: Giusto

Ika: Comunque come mai Siikah ha la tua fascia da combattimento e tu ha la sua collana?

Kaja: E’ una lunga storia, magari un giorno ve la racconterò

Ika: Ah va bene

Maku: Meglio allenarsi. Te invece Kaja se vuoi puoi riposare ancora un po’ ti sei ripreso da quel combattimento da poco, meglio non sforzarti

Kaja: No ce la faccio, tranquilli

Dopo questa conversazione Kaja, uscì dalla capanna e andò nello spiazzo dell’accampamento. Arrivato li si sedette per terra e cominciò a pensare a tutto quello che gli era successo da quando aveva iniziato a frequentare il campo d’addestramento. Ripensò alla gente che aveva conosciuto, che se anche conosceva poco sapeva che la loro amicizia sarebbe durata per sempre.

Ripensò alla sua famiglia, come sarebbe stata sua mamma, cosa stesse facendo suo papà visto che ora non c’era nessuno da addestrare. Pensò a com’era il figlio di sua sorella, e che quando sarebbe tornato a casa sarebbe stato chiamato zio, e sarebbe stata la prima volta che avrebbe visto suo nipote.

Allora sentì che lo stavano chiamando da dentro la tenda d’allenamento, allora si alzò e andò verso i suoi compagni

Kaja: Cosa c’è?

Maku: Ika vorrebbe che la adestrassi

Kaja: Cosa? Sul serio?

Ika: Non non proprio addestrarmi; è solo che vorrei imparare qualche trucchetto del combattimento a mani nude, poiché dato che sono una maga curatrice, non uso armi e quindi mi servirebbe conoscere meglio l’arte del combattimento a mani nude, dato che l’alchimia non funziona sempre

Kaja: Ah…d’accordo…va bene….

Ika: Qualcosa non va?

Kaja: No mi sembra solo strano che io debba insegnare qualcosa a qualcuno, di solito erano sempre gli altri ad insegnarmi qualcosa. Sono molto felice che tu me lo abbia chiesto

Ika: Beh vedei a volte i ruoli si invertono

Allora Kaja cominciò l’allenamento con Ika. Andarono avanti per ore, cominciando dalle basi e finendo con tecniche sempre più complesse.

Kaja: No hai sbagliato

Ika: Ma come? Mi avevi detto tu che si faceva così

Kaja: Si ma tu non lo stai facendo come io ti ho detto di farlo

Ika: Ah quindi stai dicendo che non ti ascolto?

Kaja: No no non intendevo quello

Ika: Ah e allora cosa intendevi?

Kaja: Volevo soltanto dire che i tuoi movimenti sono troppo spezzati. Io ti ho detto che i tuoi movimenti devono sembrare la corrente di un fiume. Fluida e potente. Tu invece stai facendo movimenti troppo spezzati.

Ika: Ah ok ok…ma allora come faccio?

Kaja: Allora guarda

Kaja si mise davanti a Ika, e compì un tecnica base dell’arte dei pugni acquatici. Ika rimase a bocca aperta: anche se Kaja era alto e grosso, aveva più grazie e fluidità di lei.

Ika: Come mai se così bravo? Non avevi detto che questo non era il tuo stile?

Kaja; Si si infatti il mio stile è quello della terra, però conosco tutti i gli altri tre tipi di stili: quello del fuoco, dell’aria e dell’acqua. Anche se penso che comincerò a specializzarmi in quello dell’aria e del fuoco

Ika: Come mai vuoi cambiare?

Kaja: Perché sono sempre stato affascinato dallo stile del fuoco e anche da quello dell’aria

Ika: Ma che differenze hanno?

Kaja: Allora…lo stile del fuoco è uno stile molto violento e brutale che punta alla distruzione dell’avversario tramite attacchi molto potenti e veloci, ma anche nella difesa punta a difendere se stessi e nello stesso tempo danneggiare l’avversario. Ma una pecca di questa tecnica è che i suoi colpi migliori non possono essere fatti sempre, infatti servono solo nella corta distanza e poi fanno perdere troppe energie, quindi se falliscono potresti metterti in una brutta situazione. Lo stile dell’aria invece è quasi esclusivamente difensivo, l’esatto opposto dello stile del fuoco che è quasi puramente offensivo, e si concentra molto sulla fluidità dei movimenti e sulla leggerezza dell’esecutore. Però la differenza con l’acqua è che, nello stile acquatico si punta a colpire l’avversario tramite movimenti continui deviando così i suoi colpi, nello stile dell’aria invece, si punta a non farsi colpire dall’avversario e a potenziare il contrattacco. Infatti molti maestri dell’arte dell’aria sono pressoché invincibili perché sfruttano la forza dei colpi dell’avversario per contrattaccare. Il problema di questo stile è che non ha attacchi molto forti, e quindi i combattimenti, se l’avversario avesse una buono resistenza ed esperienza, potrebbero durare molto tempo, finendo così per sfinimento.

Ika: Ah non sapevo che esistessero così tanti stili diversi

Kaja: Beh quasi tutti usano quello del fuoco o della terra perché sono molto potenti, e non richiedono un così grande sforzo per impararli. E poi a seguito degli allenamenti per perfezionare le tecniche si di fuoco che di terra, si impara a neutralizzare le armi, cosa che è impossibile con l’aria e l’acqua. Infatti con un avversario armato di spada o mazza l’acqua o l’aria sono pressoché inutili. Mentre nel caso di una lancia l’acqua e l’aria sono avvantaggiati rispetto alla terra e al fuoco.

Ika: Ah…cavolo non pensavo fosse cosi complesso

Kaja: No ma in realtà è tutto molto semplice una volta che ci prendi la mano

Ika: D’accordo ora ricominciamo

Kaja: Però prima di iniziare ti vorrei chiedere una cosa

Ika: Si dimmi pure

Kaja: Come si chiama la magia curativa che ho usato per curare Leru?

Ika: Beh io non c’ero mentre l’hai usata quindi non posso saperlo

Kaja: Ah giusto è vero, me l’ero scordato

Leru: Io non so che magi stesse usando ma appena ha finito io ero completamente guarito mentre lui è svenuto di fianco a me. Quando ha pronunciato delle formule nella sua antica lingua, ha messo le mani sopra di me, e ho sentito un dolore fortissimo ovunque e poi c’è stato un lampo di luce e io per il dolore sono svenuto mentre lui svenuto

Ika: Ah se sicuro di questo?

Leru: Si perché?

Ika: Perché se fosse davvero così lui non dovrebbe essere nemmeno qui a parlare con noi, dovrebbe essere morto

Leru: Come morto?

Kaja: Come morto? Io vedo sempre che mia mamma la usa sempre su i soldati! Capisco che è potente perché lei la può usare solo 4 volte, però lei è ancora viva

Ika: Allora non è una magia curativa

Kaja: Perché non dovrebbe esserlo?

Ika: Perché la magi curativa che mi ha descritto Leru si chiama “Sigillo benedetto del dio Luce” e colui che la utilizza dona tutta la sua energia alla persona che vuole curare, a livelli molto alti potresti portare in vita anche un morto. Il problema di questa tecnica è che fata nelle condizioni in cui era Leru tu dovresti essere morto, perché l’energia sufficiente per curarlo sarebbe stata più di quella che tu potevi donagli

Kaja: Beh ma allora come si spiega il fatto che io sia solo svenuto e non sia morto?

Ika: Molto probabilmente quella che stavi usando non era questa arte magica, ma era una formula proibita

Kaja: Formula proibita?

Ika: Dato che tu hai pronunciato una formula nell’antica lingua del tuo popolo, molto probabilmente quella tecnica è una delle più antiche che esistano, in realtà tu non ha guarito Leru, hai soltanto mandato avanti il tempo ed accelerato il suo processo di guarigione, ecco perché lui sentiva male, perché quello era tutto il male che avrebbe sentito se si fosse ripreso normalmente e che invece tu hai provato tutto nello stesso momento

Kaja: Beh non pensavo che mia madre conoscesse una tecnica così potente

Ika: Beh in realtà la cosa che mi sorprende di più non è il fatto che tu sia riuscito ad usarla ma che tua madre la conosca. Quella tecnica, si dice, sia stata perduta molto tempo fa. Questa è l’unica tecnica di guarigione che può essere usata anche per potenziare un uomo e non solo per guarirlo

Kaja: Ah ho capito. Beh si sa che il nord è sempre stata una comunità molto chiusa, però non pensavo fino a questo punto. Però so benissimo che per esempio molti sigilli che noi usiamo da voi sono perduti da secoli e ormai avete perso l’abilità di eseguirli.

Ika: Adesso che mi ci fai pensare è vero. Infatti come mai tu sai parlare così bene la nostra lingua?

Kaja: Mio padre ha insistito, dato che lui viene dall’est, voleva che imparassi la lingua degli altri tre regni. Mentre mia madre voleva che imparassi la lingua tradizionale del nord. Beh alla fine ho finito per impararle tutte e due

Ika: Anche io so un po’ della lingua antica, dato che ho studiato alchimia, si sa che i nord sono i più grandi esperti di alchimia, poiché essa deriva dai sigilli nord

Kaja: Beh allora vorrà dire che con te potrò parlare anche in Hiijahalu(nome nel dialetto nord della loro lingua)

Ika: Si però non parlarlo troppo veloce che non sono così brava

Kaja: Va beh adesso sarà meglio allenarsi

Ika: Si infatti continuiamo

Allora i due giovani continuarono ad allenarsi, fino a sera senza mai fermarsi. Intanto nella tenda di fronte a quella per l’addestramento, nei dormitori, Saje finalmente si era svegliata.

Appena sveglia non capì bene cosa stesse succedendo, non si ricordava dove fosse o come ci fosse arrivata, ma poi capì che era nel dormitorio dell’accampamento. Si tolse le bende, e provò ad alzarsi, ma appena si mise in piedi, cadde sul letto perché era ancora troppo debole, nel momento stesso in cui lei cadeva sul letto entrò Kaja, che era venuto per prendere uno straccio per asciugarsi, e la vide.

La prima cosa che fece fu andare ad abbracciare Saje, stando attento a non stringere troppo, era come vedere un orso che tenta di abbracciare uno stelo d’erba. I suoi occhi sprizzavano gioia e felicità era come se un bambino avesse trovato dopo mesi il suo giocattolo preferito.

Kaja: Finalmente ti sei svegliata!

Saje: Si per fortuna, sinceramente non ci speravo nemmeno più

Kaja: Mai perdere la speranza, ricordatelo

Saje: Come fai a non essere mai triste a non avere mai dubbi? Come fai?

Kaja: Ma questo non è assolutamente vero! Io sono una persona che ha dei dubbi, delle incertezze non sono sempre sicuro di quello che faccio, però una persona a me cara mi ha sempre detto che il cambiamento spaventa, e bisogna accettarlo, come bisogna accettare la paura che da esso ne deriva, perché non c’è coraggio senza paura.

Saje: Che belle parole…chi è stato a dirtele

Kaja: Mio padre

Saje: Davvero delle belle parole. Adesso aiutami ad alzarmi, per favore

Kaja: Sei sicura? Sei ancora molto debole

Saje: Si sono sicura stai tranquillo

Kaja: Va bene

Allora Kaja prese Saje e la mise sulle proprie spalle come fa un padre con suo figlio per fargli vedere le cose dall’alto, allo stesso modo Kaja mise Saje in quella posizione come per mostrare a tutti che la ragazza esile era riuscita a sopravvivere al mostro. Allora andarono nella tenda dove c’erano tutti gli altri.

Quando Kaja prese sulle spalle Siikah, per un momento le si annebbiò la vista e la testa cominciò a pulsare, poi tornò tutto normale e allora si avviarono verso la tenda dove si erano radunati tutti.

Una volta entrati tutti guardarono Siikah con grande stupore perché nessuno pensava che si sarebbe ripresa così facilmente, o addirittura che si sarebbe ripresa. Appena la videro cominciarono quasi a piangere, si illuminarono gli occhi di tutti di gioia e felicità. Era una situazione bellissima.

Ika: Siikah è bello vedere che stai bene!

Maku: Finalmente ti sei ripresa, stavo cominciando a preoccuparmi

Leru: Beh devo dire che ti sei ripresa abbastanza bene, cerca di non esagerare la prossima volta!

Saje: Grazie ragazzi! Tranquillo Leru, la prossima volta cercherò di stare più attenta!

Ika: Ora come ti senti? Stai bene?

Saje: Sono stanca e indolenzita, però per il resto bene

Maku: Domani iniziano le lezioni, tu te la senti di venire con noi?

Saje: Si si credo di si. Sicuramente domani starò meglio

Ika: Ma ti sembra una domanda da fare a una persona che si è appena ripresa da un combattimento di quel tipo?

Maku: Ma che ho detto di male?

Ika: Siikah si è appena svegliata da un sonno di 2 settimane e tu la prima cosa che le chiedi e se vuole venire a lezione?

Maku: Beh ma non c’è bisogno di arrabbiarsi tanto, ho soltanto chiesto

Ika: Lo so che hai solo chiesto ma non è una domanda da fare a una persona nelle sue condizioni

Maku: Ma non mi sembra così malridotta! A me sembra che stia bene

Ika: Potrà stare anche bene, ma secondo te potrebbe sopportare una lezione?

Maku: Ma domani ci saranno lezioni teoriche

Ika: Si ma comunque sarebbe uno sforzo per lei

Maku: Allora perché quando lo dico io, che sarebbe uno sforzo enorme andare a lezione, nessuno mi prende sul serio

Ika: Ma perché tu non hai dormito per 2 settimane

Maku: Beh scusa se qualcuno mi sveglia all’alba tutte le mattine, io la farei anche

Ika: Ma come puoi dire una cosa del genere?

Maku: Cosa c’è di male? Dormire è così bello

Leru: Beh però ha ragione! Anche tu potresti svegliarci un po’ più tardi

Ika: Adesso anche tu Leru sei dalla sua parte?

Leru: No, però stavo solo dicendo che magari potevi svegliarci un po’ più tardi, dato che a tutti piace dormire

Ika: Ma se io non vi svegliassi voi dormireste tutto il giorno!

Maku: Io sarei molto felice

Leru: Anche io!

Ika: Ah bene allora voi volete sprecare le vostre giornate dormendo?!?

Leru: Beh non tutte ma la maggior parte

Maku: Concordo con il fratellino

Ika: Ma sentiteli. Sono davvero insopportabili

Saje: Dai ragazzi non c’è bisogno di litigare! Sto bene davvero!

Ika: Sicura?

Saje: Si si state tranquilli

Kaja: Poi Ika ci devi spiegare però come fai a svegliarti sempre a quell’ora e non essere mai stanca

Ika: Quindi anche tu sei d’accordo con loro? Vorresti dormire di più?

Kaja: No no calmati, va bene così

Ika: Bravo…

Kaja: Ora però è meglio andare a letto perché domani ci aspetta una lunga giornata di lezione

Ika: E dato che vi piace tanto vi sveglierò all’alba

Maku: Ma come fai ad essere così crudele

Allora Ika guardò Maku con uno sguardo decisamente cattivo, e poi se ne andò nella sua tenda, e così fecero anche tutti gli altri ragazzi.